Minotauro
Tratto da Minotaurus, Eine Ballade di Friedrich Dürrenmatt
di Margherita Saltamacchia e Marzio Picchetti
Credits
Regia: Margherita Saltamacchia
Creative Director: Marzio Picchetti
Con: Jess Gardolin, Margherita Saltamacchia, Ali Salvioni e Anahì Traversi
Coreografia: Jess Gardolin
Costumi e Maschere: Ambra Schumacher
Light Design: Marzio Picchetti
Sound Design: Ali Salvioni
Produttore: Marzio Picchetti, Margherita Saltamacchia e Gianfranco Helbling
Direttore Tecnico: Alex Budd
Tecnico luci: Luca Mariotti
Sound Engineer: Andrea Cosentino
Tecnico di scena: Alberto Granata
Sistema di Rig: Scene-Concept.com, Jean-Claude Blaser e Nicolò Baggio
Disegnatore tecnico della scenografia: Jacopo Baggio
Ufficio Stampa e comunicazioni: Samuele Ponzio
Grafica, foto e video: Chromophobia studio Lione
Consulenza esterna: Marco Cupellari e Viviana Zappa
Assistente regia/produzione: Ilaria Picchetti
Una produzione di: LaTâche21 e Teatro Sociale Bellinzona – Bellinzona Teatro
Con il sostegno di: Stiftung Kerr Dürrenmatt, Repubblica e Cantone Ticino / Fondo Swisslos, Ernst Göhner Stiftung, MP Light Designer Producer, Coop Cultura, La Mobiliare, CDN Neuchâtel, Unknown Company
Distribuzione: ZONA’B – Piattaforma artistica
Partner tecnici: Falegnameria alcastagno.ch; Vetreriaperletti.ch
Durata: 60 minuti
BOOKING: michela@zonab.ch
“Minotauro, una ballata” di Friedrich Dürrenmatt è una rivisitazione del mito greco. I ruoli dei personaggi principali sono invertiti, infatti Minotauro è la vittima e non più l’essere mostruoso e assassino, come invece è Teseo che con l’inganno frantuma i sogni dell’uomo-toro e lo uccide. Le pareti del labirinto di Cnosso per Dürrenmatt sono ricoperte di specchi. Lo specchio è simbolo di riflessione, di ricerca del sé, ma anche dualità, illusione e utopia, un rimando al topos che accompagna gran parte dell’opera dürrenmattiana: “verità o giustizia?”. Una rivisitazione che mette l’accento sulla tragicità dell’esperienza esistenziale umana, dell’individuo di fronte alla natura e dell’individuo di fronte al diverso. Donata Berra, traduttrice di “Minotauro” per Adelphi, sostiene che “la scrittura di Dürrenmatt più che per un pensiero logico, procede per immagini” e da queste prende l’abbrivio lo spettacolo.
Dal ritmo suggerito dal testo e dal suo sottotitolo “una ballata”, nasce questo spettacolo. Non c’è un solo Minotauro. Sono tutti, forse perché tutti lo siamo, Minotauro. La danzatrice e coreografa dello spettacolo (Jess Gardolin) ripercorre con il corpo le parole della ballata di Dūrrenmatt. Minotauro danza sempre. Non conosce l’uso della parola, ma esprime i suoi sentimenti puri e incorrotti attraverso la danza. Il suo percorso di conoscenza del sé comincia grazie al rapporto con gli altri, talvolta nel riflesso inconsapevole di sé stesso, talaltra nell’incontro con un tu. Le parole del testo prendono forma attraverso i due riflessi del Minotauro che abitano la scena (Margherita Saltamacchia e Anahì Traversi), e grazie alla voce narrante che interviene a completare la coreografia dei corpi, il testo rivive in alcuni momenti nella sua lingua originale (tedesco), ma anche in francese, o in inglese a seconda del pubblico che assiste impotente all’uccisione.